Da dove si ri-comincia?
Dalla Madre di tutti i locali dell’era moderna. Il Tenax.
Anno domini 1981. Tanto per dare un’idea, il computer è ancora chiamato “cervellone elettronico” e deve essere refrigerato come una centrale nucleare. I telefoni se ne stanno tutti bene attaccati al muro con il filo, e il fax lo devono ancora commercializzare. Al momento, si chiama “sevizio boulevax” e lo trovi solo alle poste centrali, nel corridoio in fondo, dopo la sala del telex.
Insomma, medioevo.
Io sono uno che non ha ancora capito chi è. Per questo parto dalle poche certezze. Ho 27 anni, un passato militante dietro le gracili spalle, un presente di pochi spiccioli nelle tasche e un futuro a contrasto, radioso di notte e cupo di giorno. Visto che non sapevo o non volevo sapere cosa avrei potuto (non) fare da grande mi sono rifugiato dentro una radio; non una radio qualunque. Controradio. Un nome, un programma. Stesso passato/ presente /futuro del sottoscritto. Al momento, trasmettiamo da Via dell’orto, San Frediano piena. Very Popular. Non c’è verso di sbagliare, è come passare davanti alla friggitoria di San Pierino. Lì se chiudi gli occhi e apri il naso, sai dove sei. Qui da noi, se chiudi gli occhi e apri le orecchie, sai con chi sei. L’armata dei reduci del Rivoluzione Incompiuta risalendo le valli della Onorevole Disfatta, ha lasciato un manipolo di eroi a retroguardia. Eccoci qui.
Tutti uniti intorno alla antenna/ bandiera della resistenza nell’etere. Pink Floyd e Gianfranco Manfredi, Genesis e Ricky Gianco, Beatles e Pierangelo Bertoli. Io mi occupo di cantautori, e da poco anche di concerti, allo scopo dichiarato di fare immagine, visto che il fine davvero desiderato, il finanziamento, non lo si raggiunge. Niente grana. Fare concerti è uno strano mestiere, sembra di partecipare al gioco dell’aeroplano, quello dove il primo che arriva viene spinto a decollare da quelli che entrano. Qui funziona uguale. Se uno assiste a un concerto, cosa vede? Un cantante sul palco, lo vede e lo ascolta. Bene, quello che canta prende tanti soldi, ma tanti, perché deve darne una parte al suo manager, una al service della fonica e delle luci, una al service del palco, ecc.ecc. Poi: di solito un concerto lo si fa in un teatro, in un locale, in uno stadio. Anche questi vanno pagati, così pure la Siae, la pubblicità e le multe per aver fatto pubblicità. E tutto questo lo paga chi lo organizza, il concerto. Quello che mette in vendita i biglietti e riscuote l’incasso. E se i soldi non bastano, ciò che manca a chi tocca versarlo? Provate a indovinare, e se ci riuscirete, capirete subito perché non ci vogliono né licenza né formazione professionale né albi professionali per fare il mestiere dell’organizzatore. Solo soldi, oppure speranze di averli, e culo. Tanto culo.
E io che non sono certo famoso per il mio didietro, sia fisico ( posseggo quello che in gergo viene etichettato come “culo a scappare”) sia metafisico (mai vinto al totocalcio né alla carta più alta) parto subito svantaggiato. Per questo me ne sto ben nascosto dentro una radio, e mi arrabatto a fare spettacoli per pochi intimi autodefiniti “da avanguardia”. In realtà non ci viene dietro nessuno, ma è facile dare la colpa alle masse retrograde e ondivaghe. L’ho imparato in politica, adesso ne faccio tesoro. Se i concerti non rendono, la colpa non é nostra, ma è di chi non ci viene dietro, noi siamo trooooooooppo avanti….:-).
Bene, i primi compagni di viaggio in questa avventura che nessuno ha scritto e manco si è sognato di avvertirci di aver concepito, sono gli altri tre addetti all’ufficio spettacolo di controradio.
Carmine, Ricky e il Trota.
Carmine. Il mio alterego nero, pochi capelli scarruffati sulla testa tonda, naso preciso e deciso, occhi taglienti e tagliati. Occhialini tondi alla Lennon. John, quello della Yoko. L’umanità per lui si divide tra quelli che sanno e quelli che fanno finta di sapere. E lui sa bene da che parte stare. Organizzare concerti è una mission da fare senza farsi coinvolgere più di tanto, se non nel caso di alcuni desertissimi spettacoli di Jazz d’alto bordo.
Ricky. L’eterno ragazzo. Tondo. Tranquillo fuori, isterico dentro. Vestito classico, foulard, scarpa e calzini en pendant. Con una sana propensione per l’ipertiroidismo e la psicosomatizzazione di qualsiasi tensione esterna nel raggio di 10 km. Un barometro umorale. Odia il traffico e ama la buona musica, da ascoltarsi a basso volume sorseggiando un calice di ottimo vino d’annata. Per uno che fa spettacoli, un contrasto in carne e ossimoro.
Civetta. Chiamato così per la sua affinità al simile del bosco, pare sia stato concepito in una notte senza luna. Da questo la sua ipersensibilità a qualsiasi forma di luce che lo ha reso diafano, perennemente schermato da mega occhiali fumèe e scarsamente portato al moto diurno. Canne a raffica per limitare l’accumulo di stress che genera fenomeni persistenti di lassismo sinaptico camuffati da momenti di ispirazione letargica. Se ne sconsiglia l’uso dopo le 20, a causa delle folate di afgano che lo accompagnano e ne rendono la visione estremamente disturbata.
Di me, ho già detto abbastanza. Posso aggiungere, biondo-castano con occhi verdi, gracile come un giunco di fiume, incazzato “a prescindere” verso tutto ciò che si muove, vive, e quindi ruba spazio vitale alle mie performances di assolutismo ideologico. Da questa sofferenza, dicono gli esperti, nasce quell’irrequietezza che mi obbliga a produrre giorno e notte. Cosa, non importa poi tanto. Non è la meta, ma il movimento che faccio per raggiungerla, che conta.
Chapter 1
Veniamo al dunque. Il Tenax è già nato, generato da una madre snaturata come Controradio e da un padre, Nick Tarantolo, marinaio e mercante, che vende abiti improbabili in Porta Rossa. Dice siano americani. A me il suo negozio pare una galleria d’arte moderna alla quale abbiano tolto le “opere” alle pareti e se ne siano dimenticate alcune sparse sui tavoli insieme alle tute degli operai che fanno il trasloco. Comunque il il marinaio ci sa fare, e lo shop è tutto un andirivieni di fiorentini che pensano di comprare camicette americane e di americani che pensano di comprare pantaloni fiorentini. Sempre comprare è. E se vuoi comprare, qualcuno deve pur vendere.. Viva Tarantolo!
Il Tenax è nato in una notte con due lune. Una nel cielo, bella piena, l’altra proprio dentro il locale, una fetta di limone che fa bella mostra di sé nel mio cuba libre.
Abbiamo passato tutta la notte e il giorno che la inseguiva a pitturare muri, tirare a lucido consolle e palcoscenico, spazzare camerini e bagni (uno per le donne, uno per gli uomini, ma uno davvero), lavare e asciugare pavimento e pista da ballo (luminosa, bianca e verde!) e mettere le grucce sugli stand del guardaroba. Mi sono portato dietro il vestito di ricambio, vale a dire una giacca bianco latte lucida lucida che mi ha rivogato con un sorriso sinistro il Tarantolo. “Vai che così mi fai pubblicità!”, facendomi intendere che me la prestava per una sera una, manco fosse un armani. Sotto la giacca, niente. Cioè niente di speciale, una maglietta nera, bluejeans e adidas. Con me Carmine, tutto inossidato in una giacca fumè con grigio topo di camicia, cravatta nerognola ad indicare pantaloni in piega e scarpe a stringa, tutto nero ovviamente, il fido Trota, giacca a strisce verdi bianche e blu con camicia a pallettoni rossi e bianchi, pantaloni aranciati calzino a righelle rosse scarpa tattica bicolor bianca e rossa. Ricky invece passa tutto il tempo a spolverarsi il completino principe di galles con il quale si è presentato al lavoro. Una scusa per non fare altro, dicono i malevoli. Per me invece è solo e soltanto Dna. Si inaugura? Allora ci si veste da inaugurazione, deve aver pensato il proto classico. Intorno, il Polpa, il presidente dell’universo controradio, nel suo completino ataf grigio-azzurro, il fenomenale Frankie Marmo con una smagliante tuta Nuova Pignone e il nobilissimo Sten Guforini vestito solo in Harry Cotton Lloyd, come da lignaggio oblige.
Tutti pieni di spruzzi di vernice fin nei capelli. Sono le dieci di sera, la sala sembra pronta, cioè ci sono ancora i folletti del service audio luci arrampicati sugli scalei ad avvitare gli ultimi fari, al bar Jan Jan, un sedicente barman promosso dal Tarantolo a capobanco fa le prove di mis en place di una dozzina di bottiglie che assicurano siano riempite del miglior torcibudella della Piana, sul palco i Surprize- di nome e di fatto- cercano di ricordarsi perché li abbiamo chiamati fin da Bologna ad aprire una non discoteca a Firenze e provano a fare le prove senza lasciar prova della loro abilità. Praticamente una persona “normale” direbbe che siamo ancora in alto mare. Ma qui le persone “normali” non esistono, e posso dire al Pestolo, il SuperMario che sta alla porta di aprire il cancello……. Ladies and gentlmen….SI INAUGURA!!!!
Una follia di gente di tutti i tipi ci prende d’assalto. Non ci volevano credere, a Firenze che fosse possibile. Fare una Non Discoteca. Non una Rockoteca modello Settignano tutta cave e curve musicali piena di rintronanti riff, non un Casablanca modello bravi ragazzi che friggono patatine e mettono i dischi dei Killing Joke nella veranda della casa di campagna dei genitori partigiani di Rifredi, non una Rosa club per radicali alla ricerca di un friccico d’emozione. E soprattutto non una Discoteca. Quella tutta lustrini e pajettes, brillantina e minigonna di Travolta e Newton John. Da noi il John e l’Olivia se ne stanno di molto fuori. Dentro al Tenax regna l’originalità, la ricerca del particolare e soprattutto la Nostra Musica. Balliamo con i Soft Cell, I Simple Minds, i Pig Bag, i Cure, i Talking Heads. Balliamo con la musica che ti fa ballare senza essere stata fatta apposta per ballare. Balliamo con l’anima, con la luna che ci osserva e che guaisce, perché non può scendere da noi a fare un po’ di Ska.