A Scott
(su pietra per il Comune di Sambuca Pistoiese)
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NEL SILENZIO DI UNO SGUARDO
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NON CI SONO PIU’ GLI ANGELI
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E’ UN CAMMINARE IN FARI
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LA NOTTE DELLA MEMORIA
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UNA VITA NON BASTA
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L’ESSERE

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GENERAZIONE MALEDETTA
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COVID INSEGNA
SENZA CIELO, SENZA NOTTE
ERA MAGGIO, IL PRIMO
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IL PARTIGIANO JOHNNY

STARE

#iorestoacasa

PRIMAVERA SILENTE

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a Beppe, nella sua casa lontana.

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a Eva, con amore

Milano, un maledetto dodici dicembre
Cinquant’anni, ci sono voluti

GENERAZIONE DI FIORI
L’acqua arrivò veloce
nel silenzio dell’alba.
Mulinò le sue braccia di morte
in una stretta fredda alla gola
di una città addormentata
la percosse con un colpo di maglio grigio
l’avvolse come un topo il pitone
e poi la lasciò.
Spogliata
Sporcata
Violata
La mollò sola con un figlio di fango
che non aveva più madri da piangere
nè sorrisi da vendere
sui carri imbanditi di San Lorenzo.
Solo i riccioli sporchi degli angeli
chiamati a raccolta da un dio distratto
che aveva salvato i gioielli degli orafi
e annegato i cavalli del parco
la aiutarono a rialzarsi
senza nemmeno chiederle il come.
La ripulirono con gli stracci
delle mani e degli occhi,
innamorati della vita e dell’arte
che non è paradigma ma mirabile essenza
e le sorrisero di un sole inventato
con la folle lucidità
di una generazione di fiori.
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KURDISTAN
Le stelle cadenti
a nord di Damasco
stanotte hanno il rombo
di uccelli d’acciaio.
Non ti portano doni
le bombe non hanno regali.
Corri bambino, corri
Nonno Inverno ti aspetta
mentre il vento caldo arriva
come una foglia gialla
che invece di perdersi
davanti alla finestra
la fa scoppiare in un gioco di vetri
Corri bambino corri
metti la luna il sole e le stelle
tra i tuoi piedini e l’Autunno
che non avevi mai visto
così tutto vestito di rosso.
Corri, bambino mio, corri
mamma Estate ti aspetta
con un bellissimo gelato
portato dalla Primavera
fin dentro la casa dei fiori.
Anche le nuvole corrono
e tu gioca con loro
guardale, non badare
agli scoppi e alle urla
i grandi giocano a giochi strani
Corri bambino mio corri
e non ti voltare mai più.
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UN QUADRO ALLO SPECCHIO
una gran differenza
dal me
che mi guarda e sorride.
Non ci sono armonie
solo immagini fuse
in contorni di vesti accaldateIo, dal quadro non vedo
una gran differenza
dal me
che mi guarda e sorrideSon spaghetti di sogni
dentro piatti di cera
e una vita senza più una bandiera.
LA PIAZZETTA
Piani inclinati lasciano
scie di pensieri in movimento
l’Estate è una pausa mai richiesta
una parentesi pericolosa
tra stimmate di poesie non scritte
ed il controllo del livello d’olio
dentro il motore della mente, fatto
come si deve prima di partire.
La mia è un’estate d’anima, che vuole
dimenticare le nuvole di gente
con i perché che come sassi in tasca
mi lasciano capace di volare
soltanto con i vuoti di memoria.
Un trascurabile sorriso
traduce il sole mentre sto seduto
nella piazzetta della mia esistenza.
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Dal cielo, al mare, alla terra.
Sono stelle nascoste
quelle del cielo d’estate.
Immaginano d’essere
senza sapere perché.
Un po’ come me.
Le lenzuola comprate alla Upim
mi osservano impazienti
ho messo fiocchi alle pareti del mare
una fioriera sul tetto
e un ramo di terra verde
che vuole solo tuffarsi.
Ma le mie sedie restano vuote
e non è solitudine.
l’autobus verde
l’autobus era verde
come gli occhi tuoi
speranza
nascosta nelle pieghe di un sorriso
nella paura di un bacio.Frammenti
raccolti sulla strada della vita
sognati vissuti
forse soltanto immaginatiRicordi
che il mio bambino mi regala
quando ho freddo
rinchiuso nel vestito d’ordinanza
e mi ritrovo da solo
con una stella d’oro nella mano

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Il me
Io, il me che sente
scolpirsi dietro i sogni dalla pietra
con lo scalpello forte del ricordo
Io, il me che crede
d’esser rimasto intatto nella sfera
che naviga nel letto della vita
Io, il me che sono
guardo verso di voi da dietro il vetro
e vi domando pane di certezze
Rincorso dai cavalli del futuro
da una memoria che si fa più incerta
tanto da farmi creder che possiate
donare a questo buio la mia luce
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L’ Arte è movenza
Nel canto di un pennello
che avvolge la tela
Nel grido della pietra
che nasce alla forma
Nel suono di un verso
che illumina l’anima
Nella voce di un racconto
che addormenta la paura
– eppur si muove!-
ma la mente imprigiona
con dita di conti
ferma il ballo all’altalena
mentre il mondo dei sogni
si blocca nel gesto
di una città che si fa cartolina.
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La Ballata della Nebbia di Natale
(per i bambini di ogni età)
.
.
A me la nebbia piace per davvero
perché se non si vede tutto il mondo
puoi certo immaginartelo migliore.
.
Perfino credere che un “Buon Natale”
possa ridisegnare una carezza
dispersa tra le facce indaffarate.
.
Che alla tivù si dica verità
che ai bimbi doneranno la pietà
e un mondo nuovo presto arriverà.
.
E poi ricrescerà di nuovo il grano
assieme alla rugiada sulle foglie
e un alveare al sole danzerà
.
Questo Natale nella nebbia affiora
l’odore dell’estate non si sente
ma la speranza pesa solo un niente.
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Estemporanea – Mia madre, e me.
Non sono stati i tuoi occhi
nè i seni o le mani
a perdonarmi la vita.
Uscito dal grembo
ho capito presto
la luce non è sempre un dono.
L’uomo si è fatto bambino
il sogno in un incubo
guardare la gente.
Battisti cantava
i giardini di marzo.
Emozioni rinchiuse in un’anta.
E io cercavo di capire
come la schiena
potesse parlare.
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Il sole, novembre e il mare a Salerno.
.
Un’unghia di terra sfiora l’Autunno.
Il mondo respira al suono dell’onda.
Un grammofono al Sapore di Mare
Luce che avvolge e si perde nel tempo
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“Se vuoi arrivare, non chiedere passaggi”
È così strano
guardarti partire e tornare
e ancora partire
e aspettarti al ritorno
.
Sai bene la strada
il tuo navigatore ha imparato la via
non hai più bisogno
di guide, chauffeur e controllori di volo
.
Apri le ali, aguzza la vista
e vola
guarderò arrivi e partenze
dalla vetrata del mio aeroporto
e ti accoglierò con il sorriso
di chi vede un gabbiano felice
garrire sul mare.
.
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La memoria
La memoria
ha il passo lieve
e una voglia matta di raccontare.
Non ama urlare
preferisce sussurrare
dipingendo sul vetro
ricordi colorati
pensieri strampalati
e vivide emozioni
che si staccano veloci
alle prime gocce di pioggia.
Non pretende un ascolto
ma uno sguardo più attento
come quello di un bimbo
naso al finestrino
che sorride guardando
affiorare un disegno
al suo piccolo fiato.
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Io, a un dio.
Io a un dio, non credo
non ho questa fortuna
ho navigato solo in mezzo a notti di paura
sentito sulla pelle il peso dell’orrore
stretto nelle mie spalle il freddo della morte
ucciso una mamma e un papà nella culla di mia figlia.
Io a questo dio, non credo
non ho questa fortuna
non leggo dentro i fondi del caffè
nemmeno una promessa di futuro
ho troppo male e troppa poca fede
e un unico rifugio, da evitare.
Io a quel tuo dio, non credo
non ho la tua fortuna
e neppure ne ho uno tutto mio
a cui restituire l’universo
nemmeno una chiesetta, una candela
la croce, una corona ed una veste.
Io al nostro dio, non credo
non siamo nati uguali
io con la mia voglia di fuggire
tu con la conquista al sole del sorriso
ma se ti guardo e penso
a come ti ho incontrata
a un bacio che incardina veloce la magia
ad una sera che si fa notte e torna giorno
ad un azzurro cielo che muta arcobaleno
agli occhi, a quel tuo sguardo dentro
che si allaccia stretto al mio
parlando senza voce una stessa lingua
mentre le nostre labbra cerchiano la vita
e i corpi non sono più autonome distanze
ma un’unica fiammella a illuminare l’aria.
Ecco, allora
io non ci credo ancora
ma adesso spero proprio che ci sia
per dirgli che gli sono grato
di averti messo sulla strada mia.
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ESTEMPORANEA 2 – WALK ON THE WILD SIDE
Notte.
ali di luna, stelle nascoste
civette dondolano cime d’ alberi
nell’ora del no sense
di una storia che nessuno ha scritto
e mai pubblicata
per mancanza di scrittori poeti ed editori
tra i fantasmi fatti di creta
i musei d’insonnia galoppano
lungo il controviale a scansare corpi
appoggiati al muro di un desiderio
che puzza di rabbia e di voglia repressa
di crepacci di solitudine
e abissi di violenza.
Notte
una macchina passeggia in lontananza
in un’altra il dolore lampeggia
non avere altro che fare
che guardare
sogni travestirsi di promesse
svaniranno alle prime luci negli occhi dell’alba
dentro una tazzina smorta
in una sgommata impaziente
nel pianto ingoiato con la brioche
avvelenata dal rumore di un tir
che si fa beffe del tuo sorriso
stampato sul retro di un giornale
che non ha più pagine
ma solo inchiostro nero
nero come la notte che ti aspetta
appena fuori dall’ultimo raggio di un lampione.
.
IL CIELO, SOPRA.
Il peso del mare
affonda nel celeste
pensieri latenti
giocano
con i colori di speranze
travestite
da argute osservazioni
su quanto vento serva
a contentare le vele.
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NUVOLA SENZA CIELO
Nuvola senza cielo
miscuglio di molecole
idea confusa d’anima
necessità del nulla
leggera sinfonia
di luna, aria e terra
in una cicca accesa
che appesa ad un accordo
nasconde il mondo
nel vuoto di un bicchiere.
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ESTEMPORANEA
La vita è estemporanea.
Svuotata del tempo
si disegna sul vetro della fantasia
si stende nuda sul cuscino dei racconti
si avvolge in tende di ricordi
si agita inquieta nella stanza dei dubbi
fugge dalla finestra del desiderio
corre libera sul prato della follia
e scompare piano piano
dalla vista del cieco
sussurrando ruscelli
promettendo valanghe
dispensando carezze.
Pugni chiusi a celare la polvere
che la mano di un dio abbandonato
tiene inutile con sé.
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IO SONO PAZZO
Io sono pazzo
mi avverto annichilito nello spazio
che si rastrella astratto nei pensieri
in scimitarre d’odio annuvolate
ho chiuso anche le orecchie alla memoria
non riconosco più le lune a oriente
raggi dalla ragione disegnati
virano lesti in seppie di ricordi
sono frammenti accesi di emozioni
tizzoni degli amori abbandonati
al margine di strade polverose
e sassi, come uccelli addormentati.
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STANDARD
Quanto è alto?
Quanto pesa?
Come si misura?
Chi lo fa?
Quanto è lungo?
Quanto è largo?
Quanto dura?
Voglio uno standard
da abbracciare la notte
al posto di un cuscino
e giocarci di giorno
al posto di una palla.
Quanto è?
Quando è?
Quando siamo
standard?
Abbiamo tutti
uno standard da piangere
da ridere
da vivere?
Ecco.
Vivo in uno standard.
Forse sono uno standard.
E sorrido.
Mentre a Liegi
lo Standard
non va oltre il pareggio
contro il Bruges.
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NON HO PIU’ VOCE PER VEDERE
(Pasqua 2018)
Fammi entrare
dentro la tua oscurità
riposami nelle pieghe del mondo
appartami in mute parole
vestimi di una preghiera stanca
riparami.
Non ho più voce per vedere
nè mani ad accompagnare
una figlia nel destino
ma solo un flauto
di tristezza e solitudine
tra le macerie di un sogno tradito.
GLI SCOMODI
Gli scomodi
hanno ali annerite
dal gasolio benpensante
e gridano
attaccati al collo
di una bottiglia di birra
aperta
al confine del Cielo
mentre gli angeli
lampeggiano nel blu.
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AMATRICE
Fiocchi di parole
cadono lente su Amatrice
è neve sporca
di promesse di sorrisi
che mutano nel ghiaccio
dell’indifferenza.
Il gregge non ha fretta
di essere condannato
a pascolare erba sintetica
finta come le parole
che ancora imbiancano
di grigio i monti.
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Ho bisogno di te
C’è bisogno di te
di una foto smarrita
forse dentro un tassì
nel viavai del metrò
anche se qui da noi
non c’è ormai neanche il tram
e nemmeno più un bus
Ma ho bisogno di te
di canzoni nell’aria
che mi avvolgano la mente
tra la folla che ringhia
sullo scooter che fugge
dentro l’urlo di notti
ubriache di luna
E ho bisogno di te
che uno spicchio di giallo
scaraventi via il grigio
sotto giù dal viadotto
sulla gente che osserva
l’andamento più lento
della coda al tramonto
Ho bisogno di te
O soltanto, di me.
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Palla di Mondo
Hanno dipinto di grigio le foglie
rovesciato barili di alfabeti nel mare
incatenato sogni alle grate
dei condotti dell’aria compressa.
Bruciato libri di ricordi
rispolverato serpenti d’odio
scacciato le rondini
appeso ai pali uomini veri
a spaventare passeri virtuali
addomesticato computer
deriso pianti e sorrisi
innalzato totem di cartapesta
bonificato col napalm
piantagioni di pensieri
imprigionato idee nelle baracche
per farle esalare nel vento
con tutta la loro inutile bellezza.
Ma non hanno capito
che quando questa palla di mondo riprenderà a rotolare
schiaccerà prima le torri
dove impera il dominio
e poi come mano che affonda
nella sabbia di mare
ritroverà le conchiglie
di un uomo e una donna
dispersi
nell’unica alba che vive negli occhi.
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Elena ha un coltello stretto in tasca
Elena ha un coltello stretto in tasca
attenta che nessuno glielo veda
come un portafortuna la mano lo cerca
e silenzioso le riscalda le dita
quando lui la squadra con rabbia
o l’altro con occhi liquidi di sesso
Elena non sa non ricorda
forse il regalo di un sogno
di albe nascoste nel cuscino
o di tramonti solitari al capolinea del bus
quando una strada è così passata
da farsi prendere dalle catene del ritorno
Elena guarda il finestrino strusciare le case
marciapiedi rugginosi annunciano muri
senza più colori né voglie
nemmeno una scritta d’amore
ma scarabocchi del tempo
e graffi di sole e di vento.
Elena sorride, un soffio su tela
qualcuno stasera dirà
che una donna felice è una donna che sogna
mentre la cucina sporca di tutti i domani
aspetta una nuvola
da piangere sui piatti.
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Oggi sono solo superficie
Oggi sono solo superficie
Il vento che spettina capelli colorati
una locomotiva di fumo dispersa al semaforo
il lampione soffuso agli sbadigli dell’alba
un granello di spiaggia sul mare d’inverno
lo spruzzo dell’onda abbracciata allo scoglio
Il capello
di un amore proibito
nel battere di un ciglio
dentro il sorriso triste
di una penna già finita
e polvere e nuvole
e cielo in frammenti
frammenti di stelle
che per paura di far troppo male
non sono cadute
insieme a me.
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Heroes
Possiamo
possiamo essere
possiamo essere eroi
Non un minuto
neanche un’ora
nemmeno un solo giorno
Possiamo
possiamo esserlo
in un lungo infinito
minuzzolo di eternità.
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non ci hanno mai dato spazio
Non ci hanno mai dato spazio
rinchiusi in fermate di bus
volti incastrati in lamiere di sì.
Non si spostavano dalla mezzeria
e noi morivamo
giorno dopo giorno ipnotizzati
da una commedia che toglieva l’acqua
per raccontare fango
da riportare dentro verbali
dove era impossibile mettere un cuore
un petalo diventava souvenir
e un sorriso uno sbaffo di rossetto.
Non ci hanno mai dato spazio, nè tempo.
Le illusioni hanno ali di farfalla
I sentimenti rumori di mare
i ragionamenti pacati un tanfo di morte.
Tutto scorre adesso
nel carillon di ricordi muti
i desideri si sono confusi
nella massa dei ciechi
e mulinano alte le mani
per apparire domande.
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Estate (i poeti gourmet)
Estate.
Tutti poeti.
Gourmet e anche esteti.
Nessun disperato.
Chi si dispera non se ne accorge.
Che è Estate.
A lui fa solo più caldo
più caldo di un caldo normale
ma non è così importante
il caldo
che invece fa tanto parlare
di sè alle signore al mercato
tra zucchine e insalate
e cartoni di insonnia
forse colpa del caldo.
Questo caldo
fa più caldo
d’Estate.
I poeti gourmet
esteticamente
valutano il sole
il mare
le fronde
e si scoprono vicini
così vicini a Dio
da non accorgersi
che in fondo alla strada
c’è un corpo disteso
che non ha più tanto caldo
e nemmeno più un nome.
La particella
Sai
sarebbe proprio una cosa bella
se non avessi mai osservato un fiore
cosi guardandoti potrei
assaporare il tuo profumo
senza pensare a quando l’ho provato
ai saldi di un discount Periferia.
Articolando i soliti fonemi
trovarmi come incanto qui davanti
una sottile particella
qualcosa come di, da o -facilmente- fra,
e rimanere a rimbalzarla al muro
godendo le infinite rilevanze
dentro le tenui e morbide assonanze
fino a carpirne anche il più piccolo segreto
poter godere finalmente
del tuo sorriso irriverente
e ancora del tuo seno ammorbidente
di sopracciglia misteriose
che inarcano le reni
in un meandro a frasi colorate
lasciate libere alla fine
per osservare di notte quel colore
che altro più non è
se non la negazione di non essere.
Intanto sopra il fuoco il caffè brucia
non mi verrà sublime nè gustoso
ma non importa, resta ancora il gioco
e il tuo sorriso sopra le lenzuola.
una luna di vento
Il nulla ha reso vane le montagne
la notte rotola in fondo al mare
avvolta dentro un panno scolorito
riempito di risate ed occhi tristi
Si sveglia l’alba impigliata nel buio
un catamarano dondola al porto
il sole è un cerchio giallo da riempire
con tinte di pastelli d’occidente
Un uomo lento si accende una cicca
un attimo prima
che una luna di vento se lo porti via.
le curve dei monti
C’è un mondo, qui fuori
dove scorrono serpi
immemori
di una vecchia favola
che le ha rese bisunte
immonde
reiette, corrotte, tradotte
in mille lingue diverse
dall’unica
che saprebbero sfoggiare.
C’è un mondo, qui fuori
immerso nei nonsochisei
nè cosa sei
nei viaggi della mente
che non hanno mai inizio
ma solo una fine
scolpita nei muri grigi
della camminata zoppa
del destino
C’è un mondo là fuori
ma non qui dentro
nel viso, il sorriso
del tuo corpo perfetto
nelle isole di calore
che passano
tra le guance ed i seni
e mi fanno capire
il perché dei fiori
e delle curve dei monti.
la vita non è una linea piatta
La vita non è una linea piatta
è un errore
due forze
diverse
si attraggono
non si annullano
nè prevalgono
si fondono
scompaiono
per dare vita
alle loro mancanze.