Poesie – 2017- 2022

A Scott

(su pietra per il Comune di Sambuca Pistoiese)

 

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NEL SILENZIO DI UNO SGUARDO

Sai
io non parlo ma dico
sono come te
quando ancora non eri te
come la rugiada che racconta
che la notte serve al giorno
e il passo ha mille voci
senza mai avere un suono
che la carezza è un dono
e la pallina un gioco
che la cuccia è molto più di una casa
è un calore caldo in una conca di piacere
una stella a sera sussurra
il segreto del senso di tutto
nel silenzio di un piccolo sguardo.

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NON CI SONO PIU’ GLI ANGELI

Non ci sono più gli angeli, amore mio
Faceva freddo
sono volati in cielo
il sole sorrideva caldo
alle ali appesi i fili d’oro
un vento senza lame
profumava di fiori il mondo
La Terra è buffa vestita di blu
con tutte le carezze bianche
ruotava proprio come balli tu
alla festa della scuola
la tua maestra è stata tanto brava
e loro l’hanno portata su
Non avere freddo, amore mio
è stato solo un brutto sogno
mamma e papà sono andati
a prendere un raggio di sole per te
torneranno presto prima del buio
con una lampada di sogni
e una luna ripiena di coccole
tutta tutta tutta solo per te.

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E’ UN CAMMINARE IN FARI

È un camminare in fari
che ti dipingono ombra.
Un passo che trascina,
l’altro gemello spinge.
E al tuo scorrere,
ali si sperdono,
a ricordare ad altri
bellezze fragili del volo.
Chi è gatto sa già tutto.
Ti segue attento,
per miagolare triste sul tuo inciampo.

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LA NOTTE DELLA MEMORIA

La memoria del giorno
scompare alla sera
e la notte del buio
sogna carri bestiame
stelle gialle, pigiami e un sapone di doccia.
Adesso i libri non raccontano più
il pensiero libero è fuggito
sul primo autocarro disponibile
con un biglietto contraffatto per Malè.
Non si aspettano suoni dalle bocche cucite.
La memoria è il destino dentro gocce d’assenzio
ghigni e minacce affollano i telegiornali
l’odio ora spinge a vestirsi di nero
per la caccia alla bestia da sacrificare
sull’altare del miracolo per Sua Sanità
C’è molto da ricordare, nel giorno della memoria.
Ma forse è meglio chiudere gli occhi
accendere un disco di mille anni fa
versare uno scotch alla mano tremante
e aspettare che il bicchiere dimentichi tutto.

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UNA VITA NON BASTA

Una vita non basta
a sentire il rumore dei passi
di una tormenta di sorrisi
che riempiono i muri della città
rapita dalle feste della sera
senza un vestito buono da mostrare
con una gola di vino stesa sul cartone
di un letto al binario 16.
Una vita non basta
a disegnare il sole al selciato
i gessetti catturano gli occhi
di bambini tirati per la mano
perché i negozi si addormentano
sempre troppo presto cantando
la ninna nanna alle scatole regalo
ma i bimbi sanno e salutano
quella mano fatata che disegna madonne sui sassi.
Una vita non basta
a guardare scorrere la vita degli altri
mentre tutto intorno il suono del rumore
si fa più lento, come il ritmo di una ballata
e le luci del villaggio di case
cullano nelle loro braccia
un corpo con un bavero di capelli
un giaciglio di Amazon, un fiasco a metà
e una foto ingiallita nella mano chiusa.

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L’ESSERE

A volte
l’essere vola via
restando
parvenza in respiro.
Gli alberi
sentono il vento passare
tra i tronchi distanti
e allungano
braccia di rami
e dita di foglie
perché l’amore scorra
come uno scoiattolo
che balza felice in un sogno di volo.

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GENERAZIONE MALEDETTA

È una generazione maledetta, questa
incastrata tra le ruote di un abisso
mascherato da chirurgo e facce tristi.
Una generazione sopraffatta
screditata e abbandonata sulle dune
di una notte senza lune e senza soli
una generazione che non cerca
che non trova le tronchesi
che non vede ombre ai tramonti
ma linee piatte, ghigni e porte chiuse
al di là di porti muri e mari lerci
di plastiche a sacchi galleggianti
e vetri di occhi infranti ad aspettare
una vela sulla riga d’orizzonte
dove il mare aveva promesso di volare.

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COVID INSEGNA

Bisognerebbe starlo a sentire,
stare a sentire
sentire
quel vento
una foresta-altoparlante
una miniera di vocaboli
che non teme il grisù.
.
Una rete, servirebbe una rete
a liberare pesci di plastica
e un po’ di meduse assassine
mentre in ghiacciai resi ghiaccioli
bambini scemi
giocano a sciogliere il mondo.
Portate la fantasia
a duellare col cemento
ne uscirà fuori una doppia striscia
che leva il fiato e la patente
e soprattutto
la voglia di viaggiare.
Covid insegna
se lasci la palla al sole
si sgonfierà dei sogni
e rimarrà in attesa
del calcio d’inizio
della nostra fine.
.

SENZA CIELO, SENZA NOTTE

.
Una luna sterminata
osserva
un cane solitario
trotterella curioso
a fiutare le stelle
cadute
sul lungomare del deserto.
.
Il silenzio acuto di un violino
poggiato sul tavolo
poco fuori la porta
regna sopra un patio
illuminato da lanterne di seta.
In lontananza, il suono.

ERA MAGGIO, IL PRIMO

Era maggio
il primo
non avevamo idea
potesse esserci un secondo
aspiravamo prati
in pollini di pensieri
incrociando sguardi
stesi in mezzo ai giunchi
ci vestivamo dei colori dello stagno
credendo fosse cielo.
Era maggio
il primo
non sarebbe stato mai l’ultimo
negli occhi di un cormorano
ma il richiamo
di un uccello di palude
già insegnava al sole
a non avere più avvenire
ma solo disegni
di albe e tramonti.

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IL PARTIGIANO JOHNNY

Ehi, Johnny.
Lo so che hai fatto tanto per noi.
Ora vorresti restartene in pace.
Un fiore rosso, una lapide, una foto ingiallita.
Le voci dei figli, le parole sfiorate
a portarti carezze fino a dove non sei
nel mare magnum del vuoto eterno
dove le mani sono brezza di vento.
Lo so, Johnny
ti piacerebbe leggere
una poesia di ricordi
da appendere a un chiodo della tua mente
per rivedere un sorriso
punto di pianto e di gioia
per quello che hai fatto
e per i dubbi
che ancora non mollano
nemmeno alla morte.
Ma vedi, Johnny
vorrei lasciarti a ricordare
la Gina, quando pianse
l’uragano sulla tua spalla
stringendoti come fosse un dolore
o un amore, un amore.
Vorrei davvero farlo, dopo
averti portato una rosa
rossa di sangue sopra una fossa
e un fazzoletto a tre colori
appeso alla croce.
Ma non posso, Johnny
qui c’è ancora bisogno di te
e non ci sono fucili pistole e granate
che possano scacciare
quel fumo grigio che vira al nero
che sfugge dalle tapparelle abbassate
dalle finestre e le case
di una mente che più non ricorda
il suo futuro di sogni
e blatera insistente
“va tutto bene”.

STARE

Stare
come un grido nel vuoto
come una meraviglia
come un gesto inaspettato
come una impossibilità
come una opaca follia
come una nota imprevista
come un cenno d’intesa
come un segreto
tra la vita e la terra
senza aggiungere l’uomo

#iorestoacasa

Gli ulivi hanno le braccia d’argento
sopra il verde che esplode
a cancellare la terra.
La primavera urla di dolore
nel vuoto lampeggiante
di una strada deserta.
Dalle persiane sguscia fuori un mantra
che riempie gli occhi di fatica
di pianto miscelato alla tv
nell’azzurro del buio si consuma il rito
della famiglia felice di clausura.
Un uomo, solo, mangia mascherato
carezza con un guanto usa e getta
una fotografia sbiadita.
Lui, lei, una culla,
un bimbo in braccio che li rassomiglia.
Alza lo sguardo alla finestra
e squarcia il buio col coltello del ricordo.
Non urla gioia il suo “io resto
a casa”
ascolta voci stanche
dentro ad un condominio di balconi.
Resta la foto, una mano di pianto,
la voglia di dormire nell’argento.

PRIMAVERA SILENTE

Primavera silente
scavalcata da un vento costante
che non strappa le vesti
e nemmeno le foglie
dei tuoi sogni fioriti ai suoi rami.

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a Beppe, nella sua casa lontana.

Il cielo osserva la notte riflessa
su una lastra di dubbi colorati
ombre lamentano il suono del buio
la tela mostra i suoi buchi lucenti
Il cielo
di notte
è solo.
La veste nera cosparsa di strappi
con tutte le stelle libere dietro
e la notte che si veste di sole.

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a Eva, con amore

Tu, con il mondo davanti
e tante lacrime dietro
col tuo cestino di sogni
da assaporare da sola
quando alla vita
senti il mancare del sale
alla ricerca del posto
dentro il TUO mondo
abitato d’ascensori
che portan su, e poi giù
e poi giù e poi su, e poi…
.
Ti ricordi quell’altalena
con le mie mani a spingerti dolci?
Loro ci saranno sempre
quando ritornerai indietro
per aiutarti ad andare più in sù
verso il cielo del tuo fluire
fino a quando vorrai
a prender quel volo
che si fa cercare
proprio dentro la pelle
e risalire leggera
oltre le nuvole del tuo domani
per arrivare al sole dell’oggi.
Babbo 31/12/2019
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Milano, un maledetto dodici dicembre

Cinquant’anni, ci sono voluti

cinquanta lunghi anni
per sentire un Presidente
parlare non solo di fascismo
ma anche di depistaggi
fatti da corpi dello Stato.
E per unire
per la prima volta
il cordoglio per la morte
del commissario Calabresi
a quella dell’incolpevole Pinelli.
Lo abbiamo urlato
per secoli di rabbia
quel nome
volato
chissà come e perché
da una finestra di questura
fino all’asfalto di cortile
lugubre come quegli anni
come quegli occhi di politici
che non avevano dubbi
tra un crisantemo e l’altro
sulla colpa di un ballerino
buono da spacciare killer
con il tatuaggio di un’ A cerchiata
e i sogni inamidati dall’odio
per la città della Scala
e quelle belle pellicce
sporcate dagli urli e le uova
di una generazione ribelle.
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GENERAZIONE DI FIORI

L’acqua arrivò veloce
nel silenzio dell’alba.
Mulinò le sue braccia di morte
in una stretta fredda alla gola
di una città addormentata 
la percosse con un colpo di maglio grigio
l’avvolse come un topo il pitone
e poi la lasciò.
Spogliata
Sporcata
Violata
La mollò sola con un figlio di fango
che non aveva più madri da piangere
nè sorrisi da vendere
sui carri imbanditi di San Lorenzo.


Solo i riccioli sporchi degli angeli
chiamati a raccolta da un dio distratto
che aveva salvato i gioielli degli orafi
e annegato i cavalli del parco
la aiutarono a rialzarsi
senza nemmeno chiederle il come.
La ripulirono con gli stracci
delle mani e degli occhi,
innamorati della vita e dell’arte
che non è paradigma ma mirabile essenza
e le sorrisero di un sole inventato
con la folle lucidità
di una generazione di fiori.

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KURDISTAN

Le stelle cadenti
a nord di Damasco
stanotte hanno il rombo
di uccelli d’acciaio.
Non ti portano doni
le bombe non hanno regali.

Corri bambino, corri
Nonno Inverno ti aspetta
mentre il vento caldo arriva
come una foglia gialla
che invece di perdersi
davanti alla finestra
la fa scoppiare in un gioco di vetri

Corri bambino corri
metti la luna il sole e le stelle
tra i tuoi piedini e l’Autunno
che non avevi mai visto
così tutto vestito di rosso.

Corri, bambino mio, corri
mamma Estate ti aspetta
con un bellissimo gelato
portato dalla Primavera
fin dentro la casa dei fiori.

Anche le nuvole corrono
e tu gioca con loro
guardale, non badare
agli scoppi e alle urla
i grandi giocano a giochi strani

Corri bambino mio corri
e non ti voltare mai più.

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UN QUADRO ALLO SPECCHIO

Io, nel quadro non vedo
una gran differenza
dal me
che mi guarda e sorride.

Non ci sono armonie
solo immagini fuse
in contorni di vesti accaldate
Io, dal quadro non vedo
una gran differenza
dal me
che mi guarda e sorrideSon spaghetti di sogni
dentro piatti di cera
e una vita senza più una bandiera.
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LA PIAZZETTA

Piani inclinati lasciano
scie di pensieri in movimento
l’Estate è una pausa mai richiesta
una parentesi pericolosa
tra stimmate di poesie non scritte
ed il controllo del livello d’olio
dentro il motore della mente, fatto
come si deve prima di partire.

La mia è un’estate d’anima, che vuole
dimenticare le nuvole di gente
con i perché che come sassi in tasca
mi lasciano capace di volare
soltanto con i vuoti di memoria.

Un trascurabile sorriso
traduce il sole mentre sto seduto
nella piazzetta della mia esistenza.

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Dal cielo, al mare, alla terra.

Sono stelle nascoste
quelle del cielo d’estate.

Immaginano d’essere
senza sapere perché.

Un po’ come me.

Le lenzuola comprate alla Upim
mi osservano impazienti
ho messo fiocchi alle pareti del mare
una fioriera sul tetto
e un ramo di terra verde
che vuole solo tuffarsi.

Ma le mie sedie restano vuote
e non è solitudine.

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l’autobus verde

Eravamo piccoli
l’autobus era verde
come gli occhi tuoi
speranza
nascosta nelle pieghe di un sorriso
nella paura di un bacio.
Frammenti
raccolti sulla strada della vita
sognati vissuti
forse soltanto immaginatiRicordi
che il mio bambino mi regala
quando ho freddo
rinchiuso nel vestito d’ordinanza
e mi ritrovo da solo
con una stella d’oro nella mano

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Il me

Io, il me che sente

scolpirsi dietro i sogni dalla pietra

con lo scalpello forte del ricordo

Io, il me che crede

d’esser rimasto intatto nella sfera

che naviga nel letto della vita

Io, il me che sono

guardo verso di voi da dietro il vetro

e vi domando pane di certezze

Rincorso dai cavalli del futuro

da una memoria che si fa più incerta

tanto da farmi creder che possiate

donare a questo buio la mia luce

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L’ Arte è movenza

Nel canto di un pennello

che avvolge la tela

Nel grido della pietra

che nasce alla forma

Nel suono di un verso

che illumina l’anima

Nella voce di un racconto

che addormenta la paura

– eppur si muove!-

ma la mente imprigiona

con dita di conti

ferma il ballo all’altalena

mentre il mondo dei sogni

si blocca nel gesto

di una città che si fa cartolina.

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La Ballata della Nebbia di Natale
(per i bambini di ogni età)
.
.

A me la nebbia piace per davvero
perché se non si vede tutto il mondo
puoi certo immaginartelo migliore.
.
Perfino credere che un “Buon Natale”
possa ridisegnare una carezza
dispersa tra le facce indaffarate.
.
Che alla tivù si dica verità
che ai bimbi doneranno la pietà
e un mondo nuovo presto arriverà.
.
E poi ricrescerà di nuovo il grano
assieme alla rugiada sulle foglie
e un alveare al sole danzerà
.
Questo Natale nella nebbia affiora
l’odore dell’estate non si sente
ma la speranza pesa solo un niente.

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Estemporanea – Mia madre, e me.

Non sono stati i tuoi occhi
nè i seni o le mani
a perdonarmi la vita.

Uscito dal grembo
ho capito presto
la luce non è sempre un dono.

L’uomo si è fatto bambino
il sogno in un incubo
guardare la gente.

Battisti cantava
i giardini di marzo.
Emozioni rinchiuse in un’anta.

E io cercavo di capire
come la schiena
potesse parlare.

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Il sole, novembre e il mare a Salerno.
.
Un’unghia di terra sfiora l’Autunno.
Il mondo respira al suono dell’onda.
Un grammofono al Sapore di Mare
Luce che avvolge e si perde nel tempo

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“Se vuoi arrivare, non chiedere passaggi”

È così strano
guardarti partire e tornare
e ancora partire
e aspettarti al ritorno
.
Sai bene la strada
il tuo navigatore ha imparato la via
non hai più bisogno
di guide, chauffeur e controllori di volo
.
Apri le ali, aguzza la vista
e vola
guarderò arrivi e partenze
dalla vetrata del mio aeroporto
e ti accoglierò con il sorriso
di chi vede un gabbiano felice
garrire sul mare.
.

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La memoria

La memoria
ha il passo lieve
e una voglia matta di raccontare.
Non ama urlare
preferisce sussurrare
dipingendo sul vetro
ricordi colorati
pensieri strampalati
e vivide emozioni
che si staccano veloci
alle prime gocce di pioggia.
Non pretende un ascolto
ma uno sguardo più attento
come quello di un bimbo
naso al finestrino
che sorride guardando
affiorare un disegno
al suo piccolo fiato.

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Io, a un dio.

Io a un dio, non credo

non ho questa fortuna

ho navigato solo in mezzo a notti di paura

sentito sulla pelle il peso dell’orrore

stretto nelle mie spalle il freddo della morte

ucciso una mamma e un papà nella culla di mia figlia.

Io a questo dio, non credo

non ho questa fortuna

non leggo dentro i fondi del caffè

nemmeno una promessa di futuro

ho troppo male e troppa poca fede

e un unico rifugio, da evitare.

Io a quel tuo dio, non credo

non ho la tua fortuna

e neppure ne ho uno tutto mio

a cui restituire l’universo

nemmeno una chiesetta, una candela

la croce, una corona ed una veste.

Io al nostro dio, non credo

non siamo nati uguali

io con la mia voglia di fuggire

tu con la conquista al sole del sorriso

ma se ti guardo e penso

a come ti ho incontrata

a un bacio che incardina veloce la magia

ad una sera che si fa notte e torna giorno

ad un azzurro cielo che muta arcobaleno

agli occhi, a quel tuo sguardo dentro

che si allaccia stretto al mio

parlando senza voce una stessa lingua

mentre le nostre labbra cerchiano la vita

e i corpi non sono più autonome distanze

ma un’unica fiammella a illuminare l’aria.

Ecco, allora

io non ci credo ancora

ma adesso spero proprio che ci sia

per dirgli che gli sono grato

di averti messo sulla strada mia.

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ESTEMPORANEA 2 – WALK ON THE WILD SIDE

Notte.
ali di luna, stelle nascoste
civette dondolano cime d’ alberi
nell’ora del no sense
di una storia che nessuno ha scritto
e mai pubblicata
per mancanza di scrittori poeti ed editori
tra i fantasmi fatti di creta
i musei d’insonnia galoppano
lungo il controviale a scansare corpi
appoggiati al muro di un desiderio
che puzza di rabbia e di voglia repressa
di crepacci di solitudine
e abissi di violenza.
Notte
una macchina passeggia in lontananza
in un’altra il dolore lampeggia
non avere altro che fare
che guardare
sogni travestirsi di promesse
svaniranno alle prime luci negli occhi dell’alba
dentro una tazzina smorta
in una sgommata impaziente
nel pianto ingoiato con la brioche
avvelenata dal rumore di un tir
che si fa beffe del tuo sorriso
stampato sul retro di un giornale
che non ha più pagine
ma solo inchiostro nero
nero come la notte che ti aspetta
appena fuori dall’ultimo raggio di un lampione.

.


IL CIELO, SOPRA.

Il peso del mare
affonda nel celeste
pensieri latenti
giocano
con i colori di speranze
travestite
da argute osservazioni
su quanto vento serva
a contentare le vele.

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NUVOLA SENZA CIELO

Nuvola senza cielo
miscuglio di molecole
idea confusa d’anima
necessità del nulla
leggera sinfonia
di luna, aria e terra
in una cicca accesa
che appesa ad un accordo
nasconde il mondo
nel vuoto di un bicchiere.

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ESTEMPORANEA

La vita è estemporanea.

Svuotata del tempo
si disegna sul vetro della fantasia
si stende nuda sul cuscino dei racconti
si avvolge in tende di ricordi
si agita inquieta nella stanza dei dubbi
fugge dalla finestra del desiderio
corre libera sul prato della follia
e scompare piano piano
dalla vista del cieco
sussurrando ruscelli
promettendo valanghe
dispensando carezze.

Pugni chiusi a celare la polvere
che la mano di un dio abbandonato
tiene inutile con sé.

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IO SONO PAZZO

Io sono pazzo
mi avverto annichilito nello spazio
che si rastrella astratto nei pensieri
in scimitarre d’odio annuvolate

ho chiuso anche le orecchie alla memoria
non riconosco più le lune a oriente
raggi dalla ragione disegnati
virano lesti in seppie di ricordi

sono frammenti accesi di emozioni
tizzoni degli amori abbandonati
al margine di strade polverose
e sassi, come uccelli addormentati.

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STANDARD

Quanto è alto?
Quanto pesa?
Come si misura?
Chi lo fa?
Quanto è lungo?
Quanto è largo?
Quanto dura?

Voglio uno standard
da abbracciare la notte
al posto di un cuscino
e giocarci di giorno
al posto di una palla.

Quanto è?
Quando è?
Quando siamo
standard?

Abbiamo tutti
uno standard da piangere
da ridere
da vivere?

Ecco.
Vivo in uno standard.
Forse sono uno standard.
E sorrido.

Mentre a Liegi
lo Standard
non va oltre il pareggio
contro il Bruges.

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NON HO PIU’ VOCE PER VEDERE

(Pasqua 2018)

Fammi entrare
dentro la tua oscurità
riposami nelle pieghe del mondo
appartami in mute parole
vestimi di una preghiera stanca
riparami.

Non ho più voce per vedere
nè mani ad accompagnare
una figlia nel destino
ma solo un flauto
di tristezza e solitudine
tra le macerie di un sogno tradito.


GLI  SCOMODI

Gli scomodi
hanno ali annerite
dal gasolio benpensante
e gridano
attaccati al collo
di una bottiglia di birra
aperta
al confine del Cielo
mentre gli angeli
lampeggiano nel blu.

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AMATRICE

Fiocchi di parole
cadono lente su Amatrice
è neve sporca
di promesse di sorrisi
che mutano nel ghiaccio
dell’indifferenza.

Il gregge non ha fretta
di essere condannato
a pascolare erba sintetica
finta come le parole
che ancora imbiancano
di grigio i monti.

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 Ho bisogno di te

C’è bisogno di te

di una foto smarrita
forse dentro un tassì
nel viavai del metrò
anche se qui da noi
non c’è ormai neanche il tram
e nemmeno più un bus

Ma ho bisogno di te

di canzoni nell’aria
che mi avvolgano la mente
tra la folla che ringhia
sullo scooter che fugge
dentro l’urlo di notti
ubriache di luna

E ho bisogno di te

che uno spicchio di giallo
scaraventi via il grigio
sotto giù dal viadotto
sulla gente che osserva
l’andamento più lento
della coda al tramonto

Ho bisogno di te

O soltanto, di me.

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Palla di Mondo

Hanno dipinto di grigio le foglie
rovesciato barili di alfabeti nel mare
incatenato sogni alle grate
dei condotti dell’aria compressa.

Bruciato libri di ricordi
rispolverato serpenti d’odio
scacciato le rondini
appeso ai pali uomini veri
a spaventare passeri virtuali
addomesticato computer
deriso pianti e sorrisi
innalzato totem di cartapesta
bonificato col napalm
piantagioni di pensieri
imprigionato idee nelle baracche
per farle esalare nel vento
con tutta la loro inutile bellezza.

Ma non hanno capito
che quando questa palla di mondo riprenderà a rotolare
schiaccerà prima le torri
dove impera il dominio
e poi come mano che affonda
nella sabbia di mare
ritroverà le conchiglie
di un uomo e una donna
dispersi
nell’unica alba che vive negli occhi.

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Elena ha un coltello stretto in tasca

Elena ha un coltello stretto in tasca

attenta che nessuno glielo veda

come un portafortuna la mano lo cerca

e silenzioso le riscalda le dita

quando lui la squadra con rabbia

o l’altro con occhi liquidi di sesso

Elena non sa non ricorda

forse il regalo di un sogno

di albe nascoste nel cuscino

o di tramonti solitari al capolinea del bus

quando una strada è così passata

da farsi prendere dalle catene del ritorno

Elena guarda il finestrino strusciare le case

marciapiedi rugginosi annunciano muri

senza più colori né voglie

nemmeno una scritta d’amore

ma scarabocchi del tempo

e graffi di sole e di vento.

Elena sorride, un soffio su tela

qualcuno stasera dirà

che una donna felice è una donna che sogna

mentre la cucina sporca di tutti i domani

aspetta una nuvola

da piangere sui piatti.

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Oggi sono solo superficie

Oggi sono solo superficie

Il vento che spettina capelli colorati

una locomotiva di fumo dispersa al semaforo

il lampione soffuso agli sbadigli dell’alba

un granello di spiaggia sul mare d’inverno

lo spruzzo dell’onda abbracciata allo scoglio

Il capello

di un amore proibito

nel battere di un ciglio

dentro il sorriso triste

di una penna già finita

e polvere e nuvole

e cielo in frammenti

frammenti di stelle

che per paura di far troppo male

non sono cadute

insieme a me.

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Heroes

Possiamo

possiamo essere

possiamo essere eroi

Non un minuto

neanche un’ora

nemmeno un solo giorno

Possiamo

possiamo esserlo

in un lungo infinito

minuzzolo di eternità.

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non ci hanno mai dato spazio

Non ci hanno mai dato spazio
rinchiusi in fermate di bus
volti incastrati in lamiere di sì.

Non si spostavano dalla mezzeria 
e noi morivamo
giorno dopo giorno ipnotizzati
da una commedia che toglieva l’acqua
per raccontare fango
da riportare dentro verbali
dove era impossibile mettere un cuore
un petalo diventava souvenir
e un sorriso uno sbaffo di rossetto.

Non ci hanno mai dato spazio, nè tempo.
Le illusioni hanno ali di farfalla
I sentimenti rumori di mare
i ragionamenti pacati un tanfo di morte.

Tutto scorre adesso
nel carillon di ricordi muti
i desideri si sono confusi
nella massa dei ciechi
e mulinano alte le mani
per apparire domande.

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Estate (i poeti gourmet)

Estate.
Tutti poeti.
Gourmet e anche esteti.
Nessun disperato.
Chi si dispera non se ne accorge. 
Che è Estate.

A lui fa solo più caldo
più caldo di un caldo normale
ma non è così importante
il caldo
che invece fa tanto parlare
di sè alle signore al mercato
tra zucchine e insalate
e cartoni di insonnia
forse colpa del caldo.

Questo caldo
fa più caldo
d’Estate.

I poeti gourmet
esteticamente
valutano il sole
il mare
le fronde
e si scoprono vicini
così vicini a Dio
da non accorgersi
che in fondo alla strada
c’è un corpo disteso
che non ha più tanto caldo
e nemmeno più un nome.


La particella

Sai
sarebbe proprio una cosa bella
se non avessi mai osservato un fiore
cosi guardandoti potrei
assaporare il tuo profumo
senza pensare a quando l’ho provato
ai saldi di un discount Periferia.

Articolando i soliti fonemi
trovarmi come incanto qui davanti
una sottile particella
qualcosa come di, da o -facilmente- fra,
e rimanere a rimbalzarla al muro
godendo le infinite rilevanze
dentro le tenui e morbide assonanze
fino a carpirne anche il più piccolo segreto
poter godere finalmente
del tuo sorriso irriverente
e ancora del tuo seno ammorbidente
di sopracciglia misteriose
che inarcano le reni
in un meandro a frasi colorate
lasciate libere alla fine
per osservare di notte quel colore
che altro più non è
se non la negazione di non essere.

Intanto sopra il fuoco il caffè brucia
non mi verrà sublime nè gustoso
ma non importa, resta ancora il gioco
e il tuo sorriso sopra le lenzuola.

una luna di vento

Il nulla ha reso vane le montagne
la notte rotola in fondo al mare
avvolta dentro un panno scolorito
riempito di risate ed occhi tristi

Si sveglia l’alba impigliata nel buio
un catamarano dondola al porto
il sole è un cerchio giallo da riempire
con tinte di pastelli d’occidente

Un uomo lento si accende una cicca
un attimo prima
che una luna di vento se lo porti via.

le curve dei monti

C’è un mondo, qui fuori
dove scorrono serpi
immemori
di una vecchia favola
che le ha rese bisunte
immonde
reiette, corrotte, tradotte
in mille lingue diverse
dall’unica
che saprebbero sfoggiare.

C’è un mondo, qui fuori
immerso nei nonsochisei
nè cosa sei
nei viaggi della mente
che non hanno mai inizio
ma solo una fine
scolpita nei muri grigi
della camminata zoppa
del destino

C’è un mondo là fuori
ma non qui dentro
nel viso, il sorriso
del tuo corpo perfetto
nelle isole di calore
che passano
tra le guance ed i seni
e mi fanno capire
il perché dei fiori

e delle curve dei monti.

la vita non è una linea piatta

La vita non è una linea piatta
è un errore
due forze
diverse
si attraggono
non si annullano
nè prevalgono
si fondono
scompaiono
per dare vita
alle loro mancanze.